Mi trovo spesso a pensare al potere di ogni nostra piccola azione nell’era del digitale. Alla grandezza energetica di ciò che riusciamo a fare se facciamo cadere una singola tessera del nostro domino e se ne osserviamo il suo effetto. Provando a identificare la prima tessera con una parola scelta nella comunicazione e quelle successive con i pensieri delle persone, è semplice comprendere come non possiamo più sottovalutare ciò che scegliamo di scrivere o raccontare. Quali parole scegliamo di utilizzare e da che parte vogliamo volgere lo sguardo.
Tutti noi vestiamo i panni di comunicatori quando accediamo ai social media e decidiamo di scrivere un post, commentare un articolo o un’immagine, condividere un contenuto. Credo che sia diventato molto importante, oggi, familiarizzare con questa nostra grande responsabilità: quella del messaggio che mettiamo in circolo o a cui diamo credito e valore. La responsabilità è spesso percepita come un carico troppo grande da sopportare. Come qualcosa di negativo che può bloccare il nostro fluire nella vita e nella comunicazione.

In realtà, si tratta di una grande opportunità che possiamo accogliere: quella di fare la differenza. Di poter contribuire a generare messaggi più costruttivi, di trovarci a essere utili agli altri e di offrire al mondo ciò che può contribuire a renderlo migliore. Anche nel nostro piccolo possiamo fare una grande differenza nella vita delle persone.
Lavorando nella comunicazione, da che ho iniziato a costruire la mia strada professionale, ho imparato a immaginare sempre il mio lettore seduto alla scrivania con me. Questa immagine mi permette ogni volta di prestare attenzione e di non perdere il focus sui valori in cui credo e che sostengo. Gli stessi valori che per me rappresentano l’Empatia Digitale, l’approccio orientato all’altro. Siamo persone con storie straordinarie. Siamo differenti e in questo risiede la nostra ricchezza. Quando scegliamo di accogliere queste diversità con consapevolezza e serenità allora accadono delle vere magie. Quelle che solo una buona comunicazione fa accadere tra le persone.
Impariamo allora ad allenare la nostra autenticità, a essere responsabili quando condividiamo storie e pensieri, a trovare sempre il lato utile della nostra condivisione, a divulgare gratitudine sui social media, a entrare in empatia anche attraverso gli strumenti digitali, a includere chi incontriamo sulla strada perché ha sempre un insegnamento per noi, a porci in ascolto e apprendimento con una buona dose di umiltà, ad accogliere gli esseri umani e sentirci parte di essi con fiducia.

È meno complicato di quel che si possa credere. Si tratta di spogliarsi di aspettative, stereotipi e pregiudizi e di vivere quello che la realtà ci propone con presenza. In questa grande e stimolante sfida possono aiutarci le domande. Prima di condividere un contenuto sui social media, proviamo a chiederci se sta portando valore, se potrebbe ferire qualcuno e se mette in circolo del sapere che sia utile. Costruiamo la nostra comunicazione come fosse un ponte tra le persone e di certo ci troveremo a vivere relazioni più sane online e offline.
Perché se è vero che il digitale è parte della nostra vita e ormai ci siamo dentro, resta il fatto che incontrarsi è la più alta forma di condivisione tra le persone. Ma oggi ciò che accade fuori è già stato costruito dentro la rete. Si parla di onlife, neologismo coniato dal filosofo Luciano Floridi, per raccontare l’esperienza che stiamo vivendo oggi e che ci porta a non distinguere più ciò che è online da ciò che è offline. E, probabilmente, non è più ragionevole farlo. Perché ci siamo dentro in questo nuovo flusso e a noi il compito di viverlo in modo costruttivo.
Ottima riflessione! Peccato che mi sia persa la serata! L’ argomento è così importante che sarebbe bello se ci fosse una replica.
Grazie a tutte!